Diario di un brutto anatroccolo visto da Vincenzo Sardelli du klpteatro.it
- Factory compagnia
- Feb 23
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DIARIO DI UN BRUTTO ANATROCCOLO: IL VIAGGIO POETICO DI FACTORY FRA GRAZIA E DIVERSITÀ
SENZA PAROLE, SOLO SGUARDI: LA DANZA DI TONIO DE NITTO COME VIAGGIO DI RISCATTO
Un viaggio che parte dalla paura, attraversa la lotta e culmina nel riscatto. “Diario di un brutto anatroccolo” è un’opera tout public che esplora la bellezza della diversità. La scena si apre con un’atmosfera sospesa: quattro anatroccoli, quasi immobili, si affacciano al mondo. C’è chi ha le zampe pinnate, chi no. Chi ha il becco per tuffarsi, chi non può. Le difficoltà della vita ci pongono di fronte alle nostre fragilità, come questi piccoli esseri.
Factory Compagnia Transadriatica, con la regia di Tonio De Nitto, porta in scena al Teatro Franco Parenti di Milano un racconto senza parole, dove il corpo, la danza e la musica diventano mezzi universali di comunicazione. La storia è una riflessione sull’infanzia e le sue paure: c’è chi si adatta facilmente e chi lotta per trovare il proprio posto. La scuola diventa un microcosmo: se ti metti in prima fila, sei un secchione; se ti vesti diversamente, sei “strano”. I compagni ti bersagliano, ti colpiscono con palline e fogli accartocciati. Le battute crude e il gioco che ti umilia sono parte di una lotta per non farsi annientare.Anche l’età adulta non è esente da insicurezze. Il mondo del lavoro è ostile, non sempre accogliente. A volte ci si sente come soldati senza casco. L’amore, però, diventa un rifugio, un ombrello che ci ripara dal temporale. L’amore ti dice “Tu vali”, ti solleva e ti trasporta come una danza. Ma l’amore è anche fonte di dolore. Quando finisce, il soccorso non arriva sempre. La solitudine e l’abbandono risvegliano ferite del passato. Eppure, nel buio, c’è sempre una luce.Il momento di rottura arriva nel finale, quando Francesca De Pasquale, splendida attrice con sindrome di Down, si alza e strappa la scenografia. Si libera dell’ipocrisia e del pregiudizio, e inizia una danza sopita, intima, sulle note de “Il lago dei cigni”, che fino a quel momento avevamo solo percepito. Quello che sembrava un abbozzo ora si fa chiaro e potente. “Io sono”, urla con il corpo. Un grido liberatorio che risuona forte.De Pasquale danza con grazia, leggera come una farfalla che solca l’aria. Ogni movimento è poesia. Il suo sguardo, puro; i suoi gesti, gentili. Al suo fianco, Benedetta Pati, Antonio Guadalupi e Luca Pastorecompletano il quadro, creando un contrasto affascinante. La loro danza, più solida, aggiunge spessore alla delicatezza della protagonista, dando vita a una sinfonia visiva che coinvolge profondamente lo spettatore. La scenografia muta, i suoni oscillano tra il metallico e il melodioso, mentre il pubblico è rapito, sorpreso, commosso. È una narrazione della diversità, del bullismo, della solidarietà, dell’empatia.Il teatro diventa il luogo della consapevolezza. Non servono parole, solo sguardi. Non c’è moralismo, ma una verità che emerge con forza. La forza dell’inclusione è straordinaria: la diversità non è un difetto, è un valore. Lo spettacolo non si limita a raccontare una storia, ma la trasforma, la fa vibrare e la rende universale.
“Diario di un brutto anatroccolo” è un gioiellino per l’infanzia. Ogni limite diventa poesia, ogni ferita si trasforma in energia. Non c’è spazio per l’indifferenza: ogni nota, ogni movimento è un invito alla riflessione. Il valore dell’inclusione è raccontato con intensità. Senza pietismo, senza retorica, solo la bellezza della diversità che trova finalmente il suo posto nel mondo.Francesca De Pasquale, sublime nella sua essenziale delicatezza, è un anatroccolo che sprigiona una grazia levigata in ogni gesto. La sua danza diventa un abbraccio al pubblico, un canto muto che si fa rivelazione di sé. Le musiche originali di Paolo Coletta, dal trasognato al dirompente, avvolgono la scena, con variazioni sul tema de “Il lago dei cigni” che accompagnano la crescita del personaggio.Le luci di Davide Arsenio, accendendo o sopendo i sentimenti, tracciano il cammino esistenziale dell’anatroccolo. Le scenografie di Roberta Dori Puddu, sfumate e oniriche, aprono finestre su un mondo che si trasforma. Ogni elemento scenico di Luigi Conte è stilizzato, evocativo, e richiama atmosfere fiabesche.I costumi di Lapi Lou, con la sartoria di Maria Rosaria Rapanà, giocano con colori e forme, rendendo visibile la trasformazione del personaggio. La coreografia costruita con Annamaria De Filippi è semplice ma evocativa. Ogni movimento diventa linguaggio di trasformazione. La forza di ogni scena sta nell’intensità dei piccoli gesti, che racchiudono un mondo intero.La regia di Tonio De Nitto crea un perfetto equilibrio tra grazia e lotta, tra silenzio e rumore. Il dinamismo dello spettacolo non cede mai alla retorica, ma diventa veicolo di riflessione sulla diversità e sull’inclusione. Il viaggio del brutto anatroccolo è una crescita personale, ma anche il racconto di un gruppo che si raccoglie attorno alla protagonista. Antonio Guadalupi, Benedetta Pati e Luca Pastore, con le loro prove generose, aggiungono calore e umanità alla storia.
“Diario di un brutto anatroccolo” è uno spettacolo che parla a tutti. S

enza parole, ma con il corpo, con il cuore, attraverso la forza dello sguardo, dell’azione e della musica. Un viaggio che ci insegna a riconoscere la nostra unicità e a non aver paura di mostrarla. La diversità non è un ostacolo, è un dono. E nel finale, quando Francesca De Pasquale strappa la scenografia per sprigionare la sua essenza, capiamo davvero: “Io sono”. E questo basta.
In scena il 16 marzo a Udine, il 20 a Padova e il 21 marzo a Mori (TN).
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