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SMILE

un sorriso e forse una lacrima

 

uno spettacolo di Tonio De Nitto

con Luca Pastore e Benedetta Pati

drammaturgia Tonio De Nitto e Riccardo Spagnulo 

regia Tonio De Nitto

musiche Paolo Coletta 

voice over Debora Mattiello

scene Iole Cilento 

costruzioni Riccardo Gargiulo e Luigi Di Giorno 

assistente alle scene Cristina Zanoboni
luci Davide Arsenio 

tecnici Graziano Giannuzzi, Antonio Guadalupi

collaborazione al movimento Barbara Toma
costumi Lapi Lou

tour Italia Elisa Giacovelli

tour estero Fracesca Vetrano
produzione Factory Compagnia Transadriatica 

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Questa è una storia al confine tra l’al di qua e l’aldilà, un percorso in punta di piedi che ripercorre l’amore oltre il tempo e lo spazio grazie alla potenza dei ricordi.  Smile è uno spettacolo che prende forma da una semplice, ma potente domanda: cosa rimane delle persone che abbiamo amato?  Una casa tutta bianca, un piccolo mondo nel quale si muove uno scrittore buffo e abitudinario, un personaggio con le sue micro manie e con una grande immaginazione. Intorno a lui, lo sguardo delicato di una donna, le cui parole risuonano nell’aria rarefatta. Questo racconto si nutre della memoria e ne ribalta il meccanismo, mettendo in discussione ciò che consideriamo il confine tra presenza e assenza, immaginazione e ricordo. L’amore può vincere gli strappi del tempo, trasformarsi, attraversare i confini dell’esistenza in un viaggio emozionale tra ricordo e realtà, passato e presente?  Attraverso il linguaggio universale del corpo, Smile utilizza il codice senza tempo della pantomima, per comunicare in assoluta immediatezza e semplicità. 

Non potevamo non richiamare alla nostra memoria la poesia di Charlie Chaplin, un artista che ha saputo parlare alle nostre emozioni con la forza silenziosa dei gesti e dei sorrisi, ma non solo. A distanza di molti anni, Chaplin resta un simbolo di impegno politico, di critica e resistenza ai potenti, di poesia e di speranza: Smile è un omaggio al lato meno ricordato di questo artista, che nonostante perdite, abbandoni e sconfitte non ha mai smesso di sorprendere il suo pubblico tra la delicatezza di un sorriso e la commozione di una lacrima. Smile è ispirato e dedicato anche a Refaat Alareer, intellettuale e poeta palestinese, professore di inglese e fondatore del progetto «We are not Numbers», ucciso da un bombardamento il 6 dicembre 2023 nella Striscia di Gaza. La sua ultima poesia termina con queste parole: “Se dovessi morire, fa che porti speranza, fa che sia un racconto!”. 

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“ No me llores, no, no me llores, no,

Porque si lloras yo peno,

En cambio si tú me cantas

Yo siempre vivo, y nunca muero.”

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Non piangermi, no, non piangermi.

Perché se mi piangi io soffro,

in cambio se tu mi canterai

io vivrò per sempre

e non morirò mai

 

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(La Martiniana)

 

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Il tema è potente – l’assenza, la perdita, la memoria – e lo spettacolo prova ad attraversarlo con delicatezza e misura. La regia di Tonio De Nitto disegna uno spazio essenziale, costruito su una cura visiva raffinata, mentre i due interpreti (Luca Pastore e Benedetta Pati) abitano la scena con coerenza e precisione.
Nel susseguirsi delle immagini, delle parole, dei gesti quotidiani, affiora una domanda: è possibile raccontare il lutto senza toccare davvero la ferita? A tratti, lo spettacolo sceglie di accarezzare i temi senza mai graffiarli. La voce narrante ci accompagna con riflessioni gentili, a volte poetiche, il ritmo resta costante, quasi ovattato. La neve che cade – lenta, simbolica – cammina sul bordo tra estetica struggente e gesto rivelatore. L’immagine che resta è proprio questa casa bianca, così levigata da non lasciare quasi spazio agli urti. Come se ogni elemento scenico – scenografia, suono, azione – tendesse a proteggere più che a esporre. Ma non è un limite. Anzi è una scelta. Ce lo racconta proprio De Nitto in una chiacchierata con Eolo: Smile è uno spettacolo che preferisce la tenerezza al trauma, la cura alla vertigine. E questo, per un pubblico giovane, è una scelta precisa. La domanda resta aperta, ed è una di quelle che il teatro – anche quando si rivolge al pubblico dagli 8 anni – ha tutto il diritto di porre: si può parlare della memoria senza "mordere"? Si può raccontare il dolore senza attraversarlo? Lo spettacolo non offre risposte facili. Ma nel suo muoversi con garbo attorno ad una ferita invisibile, invita lo spettatore ad abitare una zona di sospensione. Forse è in quella sospensione che qualcosa, anche di silenzioso, nel piccolo pubblico che vi assiste, accade.

Samuel Zucchiati, Eolo-ragazzi.it

© 2022 Associazione Culturale Factory Compagnia Transadriatica

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