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Il Sogno visto da Nicola Viesti

Il Sogno ci è sempre sembrata, tra le grandi opere del Bardo, una delle più difficili e complesse da rappresentare. Un testo da affrontare giunti alla piena maturità artistica e inveece ogni stagione conta decine di allestimenti. Allora merita di essere segnalato questo adattamento della neonata Compagnia.

Factory, diretta dal trentenne salentino Tonio De Nitto, che almeno gronda freschezza da tutti i pori e mostra una sapienza scenica maturata da De Nitto anche grazie a una lunga esperienza come organizzatore teatrale. Un lavoro che riesce a coniugare - senza far danni - Shakespeare alle canzoni di Rita Pavone, una versione in un technicolor che potrebbe sapere di fumetto ma che in due ore filate non annoia mai, portando così il Sogno a compimento. Gli spettatori di una certa età alle prime sembrano disorientati, ma poi si accomunano agli under trenta in un generale divertimento. D'altronde De Nitto gioca tutte le carte possedute da una compagnia giovane come la sua, vale a dire simpatia, vigore e senso del ritmo. Ci aggiunge una spiccata ironia ed efficacissime pennellate di cultura che - tutto sommato - si sposano alla perfezione con la drammaturgia, mentre non teme di osare, ma con controllatissimo senso dell'equilibrio, anche espedienti pericolosi come il coinvolgimento del pubblico, chiamato a fornire i protagonisti della tragedia di Piramo e Tisbe. Le disomogeneità a livello interpretativo, in un ensemble che vede accanto ad attori italiani anche alcuni serbo-croati, cercano di essere superate sfruttando con furbizia la babele di lingue. E a qualche incertezza si fa fronte con la creazione di figure forti che riescono a essere di riferimento come il Puck nudo e privo di sesso del bravissimo Fabio Tinella, che sembra fare il verso al divino Nijinsky de L'aprés-midi d'un faune.

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