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HAMELIN visto da Vincenzo Sardelli su Studi Cattolici, marzo 2023

Hamelin: tra cronaca e leggenda

Factory riscrive la fiaba del "Pifferaio magico"



Uomini e topi. Città vuota, e una pestilenza che assomiglia alla Peste di Camus o alla pandemia da Covid-19 da cui stiamo faticosamente uscendo. Un senso di miste-ro, che non riescono a dissipare né le inchieste giudiziarie né quelle giornalistiche.

C'è un abbrivo tra giallo, fantasy e talk-show televisivo in Hamelin di Factory Compagnia Transadria-

tica, spettacolo tra i più interessanti dell'ultima edizione di Kids Festival Internazionale del Teatro, cui abbiamo assistito a Lecce nei locali dell'ex Convento degli Agostiniani. Tonio De Nitto riscrive la fiaba del Pifferaio magico dei Fratelli Grimm. La cala nel guado tra cronaca e leggenda di una città della Bassa Sassonia, dove si tramanda la vicenda di 130 bambini misteriosamente scomparsi nel 1284. Nella versione letteraria che affascinò anche Goethe, i bambini furono irretiti dalla melodia del pifferaio, che si sarebbe vendicato per non essere stato pagato dal borgomastro di Hamelin dopo aver salvato con il suo suono fatato la città dai ratti, che vi avevano portato la peste. Versioni meno chimeriche attribuiscono l'enigmatica sparizione dei bimbi a motivi più razionali: dall'allontanamento per la peste a quello per un'isteria collettiva; dalla "Crociata dei Bambini" (in verità antecedente), a una campagna militare, a un pellegrinaggio, o a una migrazione per trovare lavoro, tutt'altro che insolita per quei tempi.

E a questa misteriosa vicenda che fa riferimento la voce off di Sara Bevilacqua quando, anchorwoman ante litteram, presenta il caso dei bimbi scomparsi quale sconcertante evento d'attualità. I cinquanta spettatori cui è destinata quest'esperienza teatrale entrano in platea muniti di cuffie. La scenografia dello spettacolo è incentrata sulla vetrata della chiesa della cittadina tedesca, sulla quale tradizione vuole che fosse raffigurata la vicenda. Del fumo, come una schiuma, sale da vari interstizi, e dilaga sulla scena a evocare la marea fetida del morbo portato dai ratti, o il sonno della ragione che genera mostri.


L'accalappiatore degli spettatori


Eccolo, l'accalappiatopi dai grandi baffi, lo spiritato e stralunato Fabio Tinella. Arriva in cilindro nero, palandrana rossa, colletto increspato elisabettiano e guanti bianchi. Reca con sé il suo carretto da attore di strada. È l'attrezzatura per catturare - su mandato del borgomastro - i roditori che infestano la città. Egli finirà per accalappiare qualsiasi essere vivente. E finiremo tra le sue grinfie anche noi spettatori, mezzi adulti e mezzi bimbi, ognuno con la sua cuffia alle orecchie, quella blu per i piccoli, quella rossa per i grandi: ognuno per ascoltare la propria porzione di verità, ognuno con la sua fetta di mistero. Già: perché Hamelin si rivolge a ragazzi e adulti usando per ciascuno un codice diverso. La cuffia dilata la prova d'attore superba, potenzia la bislacca drammaturgia quadrumane scritta da Riccardo Spagnulo con Tonio De Nitto. Quest'ultimo, anche alla regia, orchestra con un mix di follia e spettacolarità le musiche originali di Paolo Coletta, i suoni fatati di Graziano Giannuzzi, le luci ovattate e sognanti di Davide Arsenio.

Grammatica della fantasia musicale. Hamelin è un artigianato potente, tra squittii e intrusioni di un pubblico candidamente caotico. C'è spazio per la prestidigitazione e per la magia, per il canto e per gli incantesimi.

De Nitto giostra fra narrazione, così duramente colpito in tempi di mimo, teatro di figura e teatro musicale. Valorizza le scene progettate da Iole Cilento e costruite da Luigi di Giorno con l'assistenza di Cristina Zanoboni. Giocando con i costumi di Lapi Lou.

Gli spettatori in erba sono catapultati in scena e risucchiati negli ingranaggi drammaturgici. C'è anche spazio per un esilarante teatro di burattini realizzati da Michela Marrazzi, con un topo che fa la parodia di Alberto Sordi in romanesco in Un americano a Roma: «Teatrino, m'hai provocato e mo' me te magno. Ahia ahia... Ammazza, ahó...E duro 'sto teatro. Malgrado tutto, resiste ancora!».


La resilienza del teatro


La forza di questo spettacolo sta proprio nella resilienza del teatro, così duramente colpito in tempi di pandemia.

Nella denuncia sub figura di un'arte sempre a corto di mezzi e d'attenzione. Nella condanna della solitudine dell'artista reietto e svalutato, misconosciuto, a volte denigrato e oltraggiato.

Ecco perchè quando il pifferaio chiede la paga pattuita al borgomastro, ottiene solo percosse e insulti in tutti gli idiomi d'Italia, dal barese al veneto, dal napoletano al romanesco, al toscano.

Radiografia linguistica di un Paese in cui con la cultura non si mangia. E proprio qui nasce l'interrogativo di fondo dello spettacolo: fino a che punto apprezziamo l'arte, e siamo disposti a pagare per vederla? Pensiamo che l'artista sia solo un giocoliere, un guitto, un saltimbanco, un millantatore o un idiota? Oppure è a tutti gli effetti

un creativo e un lavoratore, un professionista, e come tale va pagato?

Hamelin è uno spettacolo buffo e caciarone, ma con un suo spessore e una sua morale. Esso sdogana la nostra cattiva coscienza e le derive grossolane di chi è disposto a spendere cinquanta euro per una cena e neppure un euro per un evento culturale.

Hamelin è uno spettacolo terapeutico, perché noi spettatori prendiamo atto della superficialità e della supponenza con cui a volte ci approssimiamo all'arte. Anche noi possiamo essere oppressori, al limite indifferenti e distratti.


Uno spettacolo pedagogico


Hamelin è uno spettacolo educati-vo, che persuade i bambini a farsi inviluppare dal gioco della scena, scomparendo dietro le quinte, fagocitati dal sipario, in un teatro ricavato negli anfratti di un ex

convento. Assorbiti dalla bellezza e dalla fantasia. Prima di ricomparire sul palcoscenico. E tornare in scena.

Per abbandonarsi a una gioiosa danza liberatoria che finirà per coinvolgere anche attori, genitori, regista e tecnici, in un'esperienza che rende il senso del gioco e della comunità.


Lo spettacolo sarà nuovamente in scena a Torino (11-14 febbraio, Casa del Teatro Ragazzi e Giova-ni) e Trepuzzi (22-26 febbraio, Auditorium Zona Santi).




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