HAMELIN visto da Paolo Verlengia su Teatrionline
- Factory compagnia
- Nov 10
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Visto al Florian Espace di Pescara il 26 ottobre 2025
“Hamelin”, lo spettacolo di Tonio De Nitto ispirato alla celeberrima fiaba dei fratelli Grimm, è quello che si può definire un evento immersivo, sotto diversi punti di vista.
Non a caso, l’ingresso in sala è laborioso, come nell’imminenza di un percorso dotato di un proprio sistema di regole. Gli spettatori ricevono una vistosa cuffia Bluetooth che serve in verità a separare, o meglio, a sdoppiare la fruizione: quella dei bambini e quella degli adulti.
L’ascolto in cuffia accompagna l’inizio dello spettacolo, con la sala del teatro ancora pienamente in luce, il palco vuoto. La voce chiara e dinamica di una speaker non ci introduce nelle atmosfere ieratiche di un racconto: possiede, per contro, il piglio del servizio giornalistico, ci tiene stretti al presente, alla realtà.
Ma l’utilizzo delle cuffie serve solo per poco. Presto le luci si abbassano, il fumo di una nebbia fiabesca solleva la cortina di un mondo altro. Sospinto a fatica, a strattoni pesanti, ecco che entra in scena il carrozzone. Ed il suo conduttore.
Senza l’ausilio di una parola, lo scenario è mutato radicalmente sotto i nostri occhi. La nostra attenzione è catalizzata dall’istrione, obbedisce al suo minimo cenno: accenni di parole mai esplicitate, oppure solo evocate tramite un gesto. Per un tempo sospeso, l’azione consiste in questo dialogo muto, perfettamente fluido.
Poi, ecco che la parola irrompe, riemerge, come strumento di un mondo sommerso. Il palcoscenico si anima di nuovo di luce calda, il carrozzone apre le sue finestre, dispiega i suoi moduli, solleva le sue tendine. L’istrione scompare dietro le assi di legno e riappare sotto forma di burattino. In queste spoglie, è diventato il pifferaio di Hamelin, colà giunto per liberare la città infestata.
Fabio Tinella è magnifico nel governare con leggerezza aerea questo intrico di abilità sceniche: scampoli di giocoleria, arte del mimo, teatro di figura, il tutto gestito nel mentre di un dialogo scoppiettante con il pubblico dei bambini, raccolti a ridosso del proscenio. Una completezza tecnica da artista di musical, che si nota già nei dettagli del movimento corporeo.
E non manca il climax drammatico, quando i contorni del personaggio si fanno liquidi. L’artista diventa simbolo, vittima sacrificale di una società “avvelenata”. E il “veleno” è quello di un odio primordiale, ma anche attualissimo: in un lampo, l’epidemia che morse la cittadina di Hamelin getta un ponte concettuale con il recente periodo Covid …
Allo stesso modo, l’inno alla libertà che si respira in chiusura va oltre il finale “croccante”, buono per far felice il pubblico tutto, genitori e bambini uniti. Anche qui lo sguardo si apre e il pensiero vola spontaneamente all’attualità, alle piazze gremite di giovani manifestanti per la difesa dei diritti umani, della natura, della pace tra i popoli.












































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