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Il Misantropo visto da Francesca Saturnino su "Repubblica.it - che teatro fa" del 6.8.18

La scena è un bordello pop-barocco su cui incombe un’enorme cornice dorata. Sul palco troneggia un divano stile Luigi IV, in oro e tessuto rosa; accanto un’asta e un microfono. Alceste, il solido misantropo Ippolito Chiariello, entra subito. È un uomo fragile e rigoroso. Solo ed escluso in un mondo in cui l’ipocrisia e l’allineamento - soprattutto culturale – la fanno da padroni. Si ostina, il povero Alceste, a dire la verità. Anche nei confronti del potente di turno - che si crede un artista - e che in un attimo può fargli cadere il mondo addosso. Sulla scena si alternano momenti in solo e siparietti corali in cui il palco si trasforma in carnevale queer di parrucche, cerone bianco e scarpe col tacco. Abito rosa confetto, caschetto platino, un giro di brillanti: Celimene, fidanzata di Alceste, poliedrica Angela De Gaetano, è una Marilyn dei nostri giorni, ape regina che attira corteggiatori e desideri come il miele.

Tra musica e chiacchiericcio in sottofondo, ci si affolla sul palco a sparlare di questo e di quello, ognuno dice e canta al microfono la sua. Il misantropo moralizzatore critica il gusto imperante di «carta da culo» e «brillanti tarocchi» ed esige onestà da tutti: in primis dalla sua amata in odore di fornicazione. La trama è regolare, se non fosse che la cornice ogni tanto d’improvviso si accende, mostrandoci un doppiofondo di scene misteriose con personaggi ombra, orge in maschera, inquietudini: fino a diventare uno specchio che riflette le proiezioni dei nostri pregiudizi. La parte centrale di questo denso lavoro è un ribaltamento del punto di vista. Così la bigotta – una notevolissima Sara Bevilacqua che avevamo già notato in Furie de Sanghe di Fibre Parallele – appare un’anziana invidiosa della carne e della gioventù altrui. Celimene, in apparenza leggera e svampita, è un faro d’avanguardia: dà e pretende la libertà e la fiducia di gestire amicizie e rapporti. Alceste non resiste, fa lo stalker, attanagliato dalla gelosia. Mentre il sistema prepotente si accanisce contro di lui, qualcosa s’incrina: sul palco cadono calcinacci, il divano perde pezzi. La fine è un vecchio imparruccato che si trascina col suo giochino, mentre tutto presagisce un imminente crollo. Dopo Shakespeare, questa volta Tonio De Nitto - con la cura drammaturgica di Niccolini e una collaudatissima compagnia tutta pugliese - sperimenta un altro classico che ben si presta a parlare del nostro presente sghembo e granitico, per certi versi non così lontano dalla società corrotta e sessista del Seicento di Molière. E lo fa mettendoci corpi desideranti e pulsioni carnali dei personaggi. Alla faccia dell’ipocrisia.


Francesca Saturnino

Festival dei Teatri della Cupa, Teatro Comunale di Novoli, 30 luglio 2018

IL MISANTROPO di Molière traduzione e adattamento Francesco Niccolini regia Tonio De Nitto con Ippolito Chiariello, Angela De Gaetano, Franco Ferrante, Sara Bevilacqua, Luca Pastore, Dario Cadei, Fabio Tinella, Ilaria Carlucci scene Porziana Catalano e Iole Cilento costumi Lapi Lou luci Davide Arsenio produzione Factory Compagnia transadriatica Accademia Perduta/ Romagna Teatri foto Eliana Manca

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