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Diario di un brutto brutto anatroccolo visto da Pinuccio Rana su Bisceglielive.it

Si è svolto domenica 5 febbraio nel Teatro Garibaldi lo spettacolo della Factory Compagnia Transadriatica di Lecce, diretta da Tonio De Nitto "Diario di un brutto anatroccolo".

Il teatro era affollato di tanti bambini e molti genitori che li accompagnavano. La scena di apertura è aperta su quattro creature accovacciate (gli attori: Luca Pastore, Fabio Tinella, Ilaria Carlucci, e la debuttante sul palcoscenico, Francesca De Pasquale), corpi in posizione di massima raccolta a significare uova non ancora schiuse. Man mano che le musiche si idealizzano come in un a favola, le uova si aprono a nuove vite. Le quattro figure in scena, dopo lo schiudersi dei gusci, cominciano a camminare in fila indiana, facendo intendere la diversità di una di loro dal resto del gruppo che rimane seduta, isolata. E' uno spettacolo che appare in scena sotto forma di muto diario (nel senso che non fa uso di parole ma di suoni che fuoriescono dalle bocche degli attori). La favola, non ha bisogno di parole, bastano i gesti, i movimenti corporei, i suoni emessi dalle bocche per spiegare la favola di Andersen "Diario di un brutto anatroccolo".

La storia dell’anatroccolo diverso, esce pr


esto dalla metafora della bella fiaba di Andersen per immergersi in tante situazioni di concreta brutalità e di dolente attualità: dal bullismo a scuola all’illusione dell’amore, dallo sfruttamento sul lavoro alla disoccupazione, al mobbing, alla guerra, alla violenza e, soprattutto all'indifferenza della gente comune in queste svariegate situazioni di vita reale dove "il brutto anatroccolo" splendidamente interpretato dalla Francesca De Pasquale, è accasciata a terra mentre si evolvono le tantissime situazioni che la globalità, la modernità, la civiltà, ha portato all'esasperazione della vita normale dove tutto accade nella indifferenza più totale. Insomma un film muto che racconta con le musiche, e i movimenti corporei della danza dei quattro artisti, la nuda e cruda realtà di un mondo ostile, forse, ma che resterà tale solo sino a quando il nostro "anatroccolo" non sarà in grado di guardarsi negli occhi e accettarsi così come è, proprio come accade al piccolo anatroccolo della fiaba di Andersen che specchiandosi nel lago scopre la propria vera identità.

Gli attori in scena si muovono con grazie e leggerezza, diretti da una regia che maneggia con delicata cura il tema della diversità, bilanciando sapientemente le sfumature emotive, ispirando il sorriso e la tenerezza, l’allegria e la tristezza della vita.

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