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Racconti di comunità visti da Rossella Piccarreta su Pac - paneacquaculture.net


ROSSELLA PICCARRETA | Teatro di Novoli. Dieci anni di una compagnia.



La compagnia chiude così i quattro giorni di spettacoli, mostre e conferenze di una festa (dal 30 settembre al 3 ottobre) che celebra un traguardo importante: dieci anni di attività in cui il sogno(come lo chiamano loro in omaggio alla prima messa in scena shakespeariana) di un luogo non-luogo in cui fabbricare liberamente teatro, un teatro rivolto a tutti, capace con leggerezza di guardare e raccontare il mondo, è divenuto una realtà ben radicata sul territorio salentino e non solo. Quattro giorni (gli ultimi due vissuti in prima persona) in cui si è respirata la gioia di comunicare, di raccontarsi. Di tornare umani dopo due anni di pandemia, reclusioni e forzato silenzio per gli operatori dell’arte e dello spettacolo.

E quale argomento migliore se non la memoria, per ricordarsi di sé e per restare umani per un teatro che professa di “fondarsi sull’umano” come Tonio De Nitto proclama? La memoria, di cui la voce umana si fa custode e che trova rifugio nelle bocche che raccontano e nei corpi che mettono in scena storie, è con coerenza, perciò, fil rouge della rassegna. Diviene retrospettiva per immagini della storia della compagnia nella mostra delle belle foto degli spettacoli di Eliana Manca presso il Palazzo Baronale di Novoli. Si segnala nello stesso luogo anche l’interessante esposizione delle locandine poetiche e delicate disegnate dall’illustratrice Valeria Puzzovio, che, forse, meritavano una luce più adatta. È ricordo di un affetto intimo nella rielaborazione drammaturgica dell’omonimo romanzo di Piumini, in Mattia e il nonno (qui il racconto di Maria Francesca Germano per PAC). Prende le fattezze di uno spettro nel Fantasma di Canterville, monologo della brava Angela De Gaetano.


È tema centrale in Racconti di comunità, una performance site specific itinerante, nata dai racconti donati dalla gente del posto e inserita in un progetto di riqualifica dei paesaggi costieri. Cuffie alle orecchie veniamo condotti da Fabio Tinella “per mare e per terra”. Prima scena: davanti ai nostri occhi l’acqua limpida, il Salento e i bei villini antichi abbarbicati sulla scogliera. Nelle orecchie Angela De Gaetano descrive un paesaggio mozzafiato. La voce dell’attrice suona un po’ impostata in questo avvio del viaggio, ma la scelta registica è utile a scongiurare l’effetto guida turistica in questo incipit squisitamente descrittivo.

Ci spostiamo nella seconda scena, il giardino di una bella villa padronale d’altri tempi, Villa Danieli, scelta come prototipo di una delle tante che costellano la marina di Tricase. Qui la voce della De Gaetano cambia tono, si fa più morbida e partecipata, diventa quella della figlia dei signori che racconta la storia di un pezzo di Salento dall’infanzia fino all’età adulta, dai primi del Novecento fino al secondo dopoguerra, dalle melodie di Tito Schipa alla meglio gioventù che tra orde di villeggianti si scatena sulle note di Tu vuo’ fa l’americano.


Poi Fabio Tinella ci conduce in una specie di catabasi per una scaletta nei sotterranei della villa che si aprono con meraviglia sulla marina.

L’ultima parte del nostro viaggio immersivo è in barca.

Il racconto ora si fa quello del figlio del pescatore a cui presta la voce lo stesso Tinella, il punto di vista cambia, diventa proletario. È quello di chi vive con fatica sulla propria carne la bellezza e la selvaticità del luogo e che guarda il padrone con ammirazione e insieme diffidenza. La storia qui sa di pesce ammaccato di seconda scelta, ma freschissimo. Il linguaggio si colorisce di parole in dialetto.

Mentre la voce conclude il racconto, le onde ci conducono verso un pensiero: spettacolo è anche il barcaiolo che ci porta, gli altri spettatori che godono del sole e del vento.

E il mare pugliese, turchese e limpido da ubriacare gli occhi.

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