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Il Misantropo visto da Valeria Ottolenghi su La Gazzetta di Parma

IL MISANTROPO AL PARCO

UN'OPERA DENSA DI INTERROGATIVI

Il vasto sfondo che muta di colori e trasparenze, più volte buio specchio, è delimitato da una spessa cornice dorata e tutta l'ambientazione vive al confine tra la ricerca di un'antica preziosità d'abiti e parrucche e di un'atmosfera carnevalesca senza tempo, salotto artificiale di appuntamenti dove anche si svelano i desideri dei corpi: dopo la replica della mattina per le scuole è stata presentata anche in serale l'accurata messa in scena di Tonio De Nitto del magnifico testo molieriano "Il Misantropo", qui nella traduzione e adattamento di Francesco Niccolini, con un buon affiatamento degli interpreti e ben meditate soluzioni musicali a firma di Paolo Coletta. Un'opera densa di infiniti interrogativi, sul modo di relazionarsi socialmente, sull'importanza delle amicizie di potere, sull'amore e la gelosia, sul bisogno di allontanarsi da un mondo di ipocrisie, o, all'opposto, sull'impossibilità di rinunciare al piacere di stare in mezzo ai propri simili, anche se tra vane chiacchiere e superficiali corteggiamenti, un modo per lasciare scorrere il tempo, far scivolare i giorni, la vita...

"Non basto io a renderti felice e amata?", aveva chiesto Alceste a Celimene, a cui - lui, il misantropo che non voleva accettare ipocrisie e compromessi - aveva tanto perdonato, chiedendole - colpevolizzando piuttosto la società, "i vizi di quel tempo crudele" - di andare via insieme, lontano, in un bosco o nel deserto...Ma non potendo però Selimene, malgrado il clamore per quanto è accaduto, le sue lettere rese pubbliche, accettare quella sorta di clausura: "la solitudine spaventa una giovane donna come me...". E come darle torto? Se ben si comprende la cupa irritazione di Alceste per quella rete di doppiezze, insincerità, false amicizie, incapace di ascoltare i consigli di Filinte che lo invita alla moderazione "in nome del quieto vivere e delle buone maniere", lo si vede poi fragile di fronte all'irrazionalità del sentimento d'amore per Selimene - e tuttavia anche pronto a cercare veloce consolazione in un'altra figura femminile Eliante, che però, pur attratta da quell'uomo dal carattere tanto difficile, aveva infine preferito dire sì a Filinte. E sarà proprio questa coppia che - mentre si moltiplicano gli scricchiolii, cadono calcinacci - sembrerà riuscire ad andare oltre, superare quel tempo, lui infine in abiti contemporanei, una valigetta in mano. Consapevoli che comunque saranno necessarie, in ogni epoca, vivendo tra gli umani, forme di adattamento, silenzi opportuni, indulgenza, flessibilità? Destinati invece a soffrire per sempre e ovunque, tra rancori e malumori, i misantropi come Alceste, condannati infine - per quanto possano avere ragione - all'isolamento, all'emarginazione?

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