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Romeo e Giulietta tra le luminarie

Ambientazione da vecchia provincia nella rilettura di Tonio De Nitto andata in scena al Kismet.


Continua un suo percorso scespiriano la compagine salentina che unisce più compagnie (Terrammare, Factory e Teatri abitati) in sinergia progettuale e giovanile. Dopo il Sogno di una notte di mezza estate, che nella passata stagione ha visto inseriti anche attori di là dall’Adriatico (della Serbia se non ricordo male) è ora la volta di un Romeo e Giulietta ricondotto anch’esso a modernità e stili assai giovanilistici, ferma restando l’affettuosa reverenza per l’immortale «tragica historia» dei due amanti giovanissimi e sfortunatissimi. Sia l’adattamento del testo (con traduzione) di Francesco Niccolini, sia la regia di Tonio De Nitto in effetti non sgarrano più di tanto rispetto alla funzionalità narrativa del venerando capolavoro: con ironica, ma rispettosa cadenza, Niccolini utilizza spesso nel testo dei versi all’antica, in alternanza di assonanze e rime come per un vecchia saga di cantastorie. La regia di De Nitto, spigliata e veloce nel montaggio delle sequenze, non eccede in trovate e ghiribizzi, anzi risulta in fondo fin troppo ossequiosa.

Certo, la dimensione scenico-visiva rimanda a vecchie realtà di provincia, con fragili architetture di luminarie colorate che inquadrano una Verona dove scorrazzano giovanotti un po’ sbracati e con le cuffie per la musica sulle orecchie: a tratti sbuca fuori una spada o un pugnale di legno, come fosse un giocattolo, anche se l’amore si scatena con sensualità di adulti, anche se il sangue finirà per scorrere e se poi la morte otterrà pur sempre il suo tributo definitivo. Il padre e la madre di Giulietta propongono casalinghe bizze di arricchiti, con la balia (in travestì) che forse un poco esagera in gag e controscene, con il tono scanzonato che si conserva abbastanza coerente, negli scontri e ragazzate fra Romeo, Mercuzio, Tebaldo. L’amore fra i due ragazzi esplode quindi violento e veloce, e velocemente (anche per i tagli al testo) procede nelle due notti che gli sventurati amanti e sposi fanciulli trascorrono insieme. E il balcone fatidico di Giulietta è spiritosamente una scala con le ruote (di quelle che si usano per gli addobbi luminosi nei paesi) che diventa alcova d’amore, e con gli altri personaggi della favola triste che assistono alle poetiche smancerie dei due, quasi Coro mesto e insieme complice.

Discreta, nella generosa e concitata impronta data all’insieme, la recitazione degli attori in scena, tra enfasi e commozione: erano Lea Barletti, Dario Cadei, Ippolito Chiarello, Angela De Gaetano, Filippo Paolastri, Luca Pastore, Fabio Tinella. I due amanti nel funereo finale, sono quasi statue di sale impietrite, verticali monumenti al dolore e al destino.

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