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MATTIA E IL NONNO visto da Michele Di Donato su ilpickwick.it

nella Saletta della Cultura va in scena Mattia e il nonno, regia firmata da Tonio De Nitto che vede Ippolito Chiarello interprete unico di una favola edificante che sconta in forma di copioso sudore lo svantaggio di una location torrida; per cui, il primo sentimento che proviamo, prim’ancora di qualsivoglia valutazione critica, è una spontanea solidarietà verso l’attore in palco, infilato nel suo caldo maglioncino di filo azzurro. Non è solo una nota d’ambiente: inevitabilmente lo spettacolo e la sua fruizione ne risentono. Tuttavia, Ippolito Chiarello è bravo a far vivere la storia che proviene dalle pagine di Roberto Piumini, sforzandosi d’ignorare la calura e spingendo forte sulla gestualità che accompagna la narrazione, giocando d’esubero pur senza eccedere e rendendo vivido il racconto, conservandone tutta la garbata delicatezza di fondo con cui il testo descrive, in un apologo progressivo, l’esperienza della morte come momento iniziatico nella sensibilità di un bambino. Mattia è al capezzale del nonno morente, quando questi, senza che nessun altro degli astanti – se non Mattia stesso – se ne accorga, si leva dal letto e lo prende per mano e cominciano insieme un viaggio, favoloso e metaforico, in cui la figura del nonno progressivamente rimpicciolisce, mentre il piccolo Mattia fa accanto a lui esperienza del mondo e della vita, fra campi di girasole alti e fitti, mele e pannocchie procurate al mercato e la consapevolezza crescente che le cose non si possano possedere mai del tutto. Le cose, come gli affetti: Mattia e il nonno rappresenta il modo più poetico di abituarsi a una perdita, di elaborare una mancanza trasformandola in lascito prezioso (“Una persona che amiamo, resta sempre con noi”). Commuove nel suo epilogo questa favola tenera e delicata, che ha la sua chiave di volta nella metafora naturale rappresentata dall’esoscheletro di una cavalletta (propriamente detto “esuvia”), simbolo metamorfico che condensa in sé l’idea di cambiamento e crescita. Il libro di Roberto Piumini viene seguito fedelmente, giusto qualche taglio ne snellisce la struttura adeguandolo ai ritmi della scena. Tutte le evocazioni narrative viaggiano sui binari di una affabulazione che mantiene vivo il bilico fra ciò che viene detto e ciò che non viene ancora svelato, conducendoci – come fa il nonno con Mattia – fino alla conclusione di questo piccolo viaggio compiuto per sporgersi consapevoli alle soglie della vita. Tonio De Nitto si limita a una regia conservativa, aggiungendo poco – se non l’immagine finale di un cuore pulsante – demandando la sostanza scenica dello spettacolo alle parole del testo di partenza e all’attore che dà loro corpo e voce sulle nude tavole del palco. Funziona, Mattia e il nonno, senza strabiliare, come funzionano le storie scritte bene.

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