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La bisbetica di Factory: Shakespeare in salsa pop

CASTROVILLARI (Cosenza) – Shakespeare non amava particolarmente le donne, le riteneva civette e superficiali, devote all’apparenza e all’inganno. In perfetto accordo con le tendenze Elisabettiane, maschiliste e omocentriche. La commedia è testimonianza, documento, di questo costume pur se ambiguo è l’intento del Bardo: schierarsi a favore di un certo atteggiamento o smascherarlo e denunciarlo dal palco?


Una cosa è certa, la complessità di linguaggi, trame, contesti, situazioni la rendono una delle opere più fumose. Coraggioso dunque l’atto di riproporla mantenendosi piuttosto fedeli a registri linguistici e di coralità innestando innovazione, sottotesti e drammaturgie d’uso. Nella bisbetica di Tonio De Nitto i sottotesti mettono il trucco per sollevarsi in superficie artefatti dalla finzione. La contrattualizzazione dell’amore, gli esercizi e gli equilibri di potere tra gente comune, l’interesse, l’avidità, il finto dovere morale che diventa norma, la violenza sottile, pupi e pupari. Sotto gli occhi, lo spettatore gode dello sfarzo audiovisivo di scenografie, costumi, trucchi, azioni, coralità, musiche, disegno luci – uno stuzzicante miscuglio à la Wilson e Burton – che non nascondono gli sfondi in cui si entra per metafora, simbolo, ombra, allegoria, che proiettano lo spettatore nella comprensione altra, nell’andare oltre l’esteriorità.

Non è la sola combine. La molteplicità di stili tipica della commedia scespiriana è riprodotta, in chiave pop e manierata: cenni amplificati come la mimica, la macchietta, la recitazione sulle corde, elementi topici sottolineati (equivoci, scambi di persona, inciuci, intrighi, smascheramenti), l’ingarbuglio delle sottotrame definite dai cambi di scena, i movimenti scenografici, gli ambienti luce a fare dimensioni nuove e gli attori caratterizzati per circostanza di ruolo. Una zuffa di stilemi a favorire le molteplici “entrate” in scena da parte di chi guarda. Forse ancora non perfettamente oliati i meccanismi e gli ingranaggi, ma c’è tempo per rimediare. Come non perfettamente funzionanti alcune scene che stentano in ritmo e compiutezza, questione di assemblaggio di attori e costruzione.


Otto attori in scena, con in bocca un testo di non sciolta interpretazione: prosa e versi e la rima a stridere leggermente abbassando il livello drammaturgico. Otto attori in duetti, triangoli, scene corali, gesto e pantomima, parola e suono, in rapporto con le luci e la scena, col pubblico e tra loro. La prova degli attori è midollo della rappresentazione, perché chiamati a sgranare sfumature e stabilizzare fondamenta. Ognuno con le caratteristiche congeniali alla propria traccia artistica, ben individuate dalla regia. Plauso ad Angela De Gaetano, credibile e verosimile Caterina capace di comporre timbro e tono, di far dire a corpo e voce, di indossare i panni della parte e svestirsene dandosi in pasto al pubblico. Ippolito Chiarello, Pietruccio, conferma l’istrionismo e l’efficacia. Conferme sono pure il talento pantomimico/espressionista di Dario Cadei (Gremio), la duttilità e l’agilità (espressiva) di Fabio Tinella (Lucenzio), l’esperienza di Luca Pastore (Tranio) e Franco Ferrante (Battista). Amaro il finale in cui l’andatura da vaudeville si trasforma in tragedia, il virtuoso lascia il posto al grottesco, l’ironia alla crudezza.

Uno spettacolo dalla corposa architettura, formale e sostanziale, attoriale e drammatica. Divertente, frizzante, per un pubblico eterogeneo, dalle tinte classicheggianti e post-moderne. Si perdonano le sbavature, gli stagni, il vezzoso. Segno di volontà di servire il pubblico, di perfezionare, di mettere tanto per accattivare, di “strafare” ma in buona fede. Perché per il pubblico si va in scena, non certo per addetti ai lavori sonnacchiosi e autodafé.


La bisbetica domata

di William Shakespeare

regia Tonio De Nitto

traduzione e adattamento Francesco Niccolini

con Dario Cadei, Ippolito Chiarello, Angela De Gaetano, Franco Ferranto, Antonio Guadalupi, Filippo Paolasini, Luca Pastore, Fabio Tinella

musiche Paolo Coletta. scene e realizzazione pittorica Roberta Dori Puddu. scenotecnica costruttiva Luigi Conte. costumi Lapi Lou. luci Davide Arsenio.

Prod. Factory Compagnia Transadriatica

Visto al Teatro Sybaris, Castrovillari (Cs), venerdì 29 maggio ’15 – Festival Primavera dei Teatri

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